DECIMO SCRITTO SUL TEMA
NUMEROLOGIA... UN VIAGGIO ALL'INTERNO DI NOI STESSI...
NEI DATI ANAGRAFICI SONO NASCOSTI I NOSTRI TALENTI... LA NOSTRA PERSONALITA'... LO SCOPO DELLA NOSTRA VITA...
CON LA RIBELLIONE E CON IL DOLORE RECLAMIAMO SOLTANTO IL DIRITTO AD AVERE IL NOSTRO GIUSTO POSTO ALL'INTERNO DEL SISTEMA FAMILIARE AL QUALE APPARTENIAMO PER ORIGINE..
NELLA LOTTA ESTENUANTE PER OTTENERE LA FIDUCIA DEI NOSTRI CARI, SIAMO COSTRETTI A METTERE IN ATTO LE DIFESE INVALIDANTI DELLA PREOCCUPAZIONE, DEL TIMORE, DELL'IMPAZIENZA, DELL'ANSIA, DELLA TREPIDAZIONE, DELL'AFFANNO...
L'ACCESSO EMOTIVO AL PADRE E' VITALE NEL PROCESSO DI INDIVIDUAZIONE ED IN QUELLO DI SEPARAZIONE...
L'ORIGINE DELLE PROBLEMATICHE LEGATE AI "FIGLI RIBELLI", VA RICERCATA PROPRIO NEL RAPPORTO VISSUTO CON IL PAPA' DURANTE L'INFANZIA...
L'ACCESSO EMOTIVO AL PADRE E' VITALE NEL PROCESSO DI INDIVIDUAZIONE ED IN QUELLO DI SEPARAZIONE...
L'ORIGINE DELLE PROBLEMATICHE LEGATE AI "FIGLI RIBELLI", VA RICERCATA PROPRIO NEL RAPPORTO VISSUTO CON IL PAPA' DURANTE L'INFANZIA...
STRALCIO COLLEGATO AI NOVE TESTI PRECEDENTI E AI TRE SUCCESSIVI...
L'analisi dettagliata del significato e del potere dei numeri collegati al mio aspetto "ombra", realtà "rifiutata" e, proprio per questo, radicata con forza nel mio essere... realtà che domina la mia personalità dal profondo del mio inconscio... e che suscita in me reazioni emotive sorde, deformate, incontrollabili, che covano senza venire del tutto alla luce, che sussistono indipendentemente alla mia volontà, nascoste, ma forti e tenaci, quasi vivessero di vita propria... ebbene, quest'analisi minuziosa, con mio grande stupore, si sta rivelando una fonte preziosa di informazioni sull'origine dei miei stress psicologici che, radicati sin dall'infanzia e dall'adolescenza, mi hanno spinto, nella giovinezza e nella maturità, a comportamenti "inadeguati", seguiti ad una incredibile sensazione di debolezza, di fragilità, di insicurezza, di scoraggiamento, di rinuncia... di amarezza, di sconfitta, di delusione, di sconforto, di oppressione, di paura... stress che mi hanno spinto a commettere "errori" che, nonostante l'evidenza, si sono ripetuti, regolarmente, nel corso degli anni e che, in parte, purtroppo, ripeto ancor'oggi...
Dentro di me c'è una persona adulta piena di buonsenso e di cuore, saggia e solitaria, spirituale e perfezionista, a volte anche geniale ed ispirata, idealista, amorevole e generosa, compassionevole, gentile ed affidabile... che convive con una fanciulla vulnerabile, ipersensibile, sofferente e trascurata... con un'"orfana" divisa, smembrata, lacerata... con un'insofferente giovane ragazza ribelle, che nutre ancora un impellente desiderio nascosto di riscatto e di rivalsa... che esige, una buona volta, di essere vista, ascoltata, considerata, riconosciuta, inclusa ed onorata... che reclama, a voce alta, con rabbia e con dolore, il suo giusto posto all'interno del proprio sistema familiare di appartenenza... che, nella lotta estenuante per ottenere la fiducia dei propri cari, si è vista costretta a mettere in atto le difese invalidanti della preoccupazione, del timore, dell'impazienza, dell'ansia, della trepidazione, dell'affanno...
"RITRATTO DI MARIA LUISA" - 1879 EMILE MUNIER (1840 - 1895) |
"IN PENITENZA" - 1879 EMILE MUNIER (1840 - 1895) |
L'origine delle problematiche legate alla "fanciulla ribelle" che è ancora viva in me... aspetto "ombra" principe della mia esistenza... va ricercata, in gran parte, nel rapporto che ho vissuto con mio padre durante l'infanzia...
Questa figura genitoriale avrebbe dovuto rappresentare la mia identificazione con il "fare", con l'"agire", con l'"ottenere"... con la volontà, con l'autostima, con il potere personale... avrebbe dovuto personificare la mia capacità di affermazione e di riuscita nel sociale... la possibilità di vedere riconosciuti il mio talento, le mie risorse, il mio valore, la mia unicità...
Il fatto di aver sperimentato, da un lato, un rapporto "assente" con la figura paterna... e, dall'altro, di averla eccessivamente idealizzata, se non addirittura mitizzata... non mi ha permesso di rapportarmi con mio papà in modo realistico...
Fino ad una certa età, non ho mai saputo, né voluto, riconoscere questa difficoltà di relazione...
Innamorata di mio padre, come tutte le figlie primogenite, non trovavo, né volevo trovare, alcuna ragione per "criticarlo"...
A livello inconscio, però, mi sentivo "offesa"... provavo sfiducia, scoramento, diffidenza, risentimento...
Mi vedevo sola, scissa, abbandonata a me stessa, privata di "un qualcosa di importante"...
Non mi sentivo amata...
Quando, poi, mio padre, in fretta e furia, è scomparso, mentre alla mamma sono stati concessi altri vent'anni e più di vita... tutto, in me, si è accentuato... il mio sordo tormento si è fatto prima dispiacere e, poi, dolore... un dispiacere profondo, insopportabile, estremo... un dolore che mi ha mandato in frantumi... mi ha spezzato in mille frammenti... e, d'improvviso, tutti gli ostacoli dell'esistenza, sono divenuti, ai miei occhi, macigni insuperabili...
Mio padre, agli occhi di sua madre, di sua zia, delle sue tre sorelle, dei suoi quattro nipoti, tre dei quali nati prima di me e dei miei fratelli, è sempre stato un "dio", una "leggenda", un "eroe" invincibile, un "superuomo" al quale chiedere qualsiasi cosa...
Si è sempre trovato a dover rappresentare "un qualcosa di non razionale" che esprimeva, tutte quante insieme, le più alte aspirazioni della sua collettività di origine, del suo clan di appartenenza... i cui membri, beneficiari pressoché esclusivi della sua "grazia divina", avevano maturato, nei suoi confronti, la gelosia tipica di chi teme di perdere l'affetto dell'amato... di chi ha il sospetto che qualcuno voglia sottrargli un figlio, un nipote, un fratello, uno zio, una proprietà che non vuole cedere a nessuno, per nessuna ragione al mondo...
Quanto l'abbiamo amato... io, mia madre, i miei fratelli!
Quante volte abbiamo sperato di riuscire a guadagnare un posto nel suo cuore!
Quante volte ci è sfuggito!
Bello come un attore del cinema, occhi a mandorla color del cielo, nato negli Stati Uniti d'America da genitori italiani emigrati, come tanti altri, oltre oceano, per motivi di lavoro, a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento e, come tanti, ritornati, poi, in Italia agli inizi degli Anni Venti del Novecento... Ufficiale della Regia Aeronautica Militare Italiana, Capitano Pilota con Medaglia d'Argento durante la Seconda Guerra Mondiale... mio padre, affascinante e gentile, era cugino di mia madre ed aveva ben dieci anni più di lei...
La madre della mia mamma era cugina di primo grado del padre di mio papà...
La nonna di mia madre era sorella del nonno di mio padre...
Nel settembre del 1951, quando i miei genitori si sono sposati, mio padre aveva già trentotto anni di età e legami inscindibili con i membri della sua famiglia d'origine, con i quali si identificava completamente...
Difficile, per lui, riuscire a creare nuovi legami così profondi come quelli connessi alle sue origini, impossibile allontanarsi da una così intensa "simbiosi" familiare per rendersi indipendente e disponibile a dar vita ad una nuova stirpe, impensabile "tradire" il proprio sistema per un altro, pur così simile, vicino, sovrapposto al suo...
In me, che mi sono sempre sentita fuori dalla sfera di influenza di mio padre, rimane la profonda, struggente nostalgia per questa "meravigliosa" figura di appartenenza che non è mai stata del tutto mia... rimane il ricordo del mio grande affetto nei suoi confronti... rimangono le ferite dell'attaccamento... il sentimento di perdita, di privazione, di abbandono, di lontananza, di assenza, di solitudine, di separazione che mi assaliva da bambina ogni volta che vedevo il papà "con la testa girata verso la sua famiglia d'origine"... rimane il sentimento di profonda devozione e di assoluta fedeltà che solo una figlia primogenita sente così forte nei confronti della figura genitoriale maschile... rimane il sacrificio rituale dell'amore "cieco", che ho messo in atto, per lui, sin dall'infanzia...
"Sono tua figlia!
Ti prego... dammi un posto nel tuo cuore!
Potrei arrivare persino a morire per te!"
La mia ribellione, il mio pormi "contro"... era un emblematico sacrificio... una disperata richiesta di riconoscimento, di integrazione... un desiderio di soggettività...
Non era la superbia di Prometeo, il ribelle della tradizione greca... né quella dell'"Angelo caduto", "Il Portatore di Luce" della letteratura biblica... quanto, piuttosto, la drammatica rivendicazione di potere di Caino, ombra di Abele, che non si vede beneficiato dalla grazia del padre...
Concludo qui questo parziale confronto con le mie "ombre", tappa obbligata del mio "eroico viaggio" dentro i penetrali della coscienza...
Avvertire la necessità di veder riconosciuti il proprio valore, la propria unicità, la propria originalità... e non avere la consapevolezza di come rapportarsi nel sociale per ottenere il rispetto e la fiducia dovuti... è il nucleo centrale delle difficoltà che incontra chi, come me, durante l'infanzia, ha avuto un rapporto complesso con il proprio padre.
Il coraggio, la fierezza, l'orgoglio, l'ardore ribelle tipico di un "guerriero"... vivi e presenti nel profondo dell'essere... o vengono portati al loro limite estremo... o risultano, anche se è solo un'apparenza, quasi del tutto assenti...
Dalla manifestazione esagerata, si può passare alla totale mancanza... dall'onnipotenza, si può passare all'impotenza...
La difficoltà principale sta nel vivere l'equilibrio, perché il frenetico bisogno di essere presi in considerazione può portare il fanciullo o la fanciulla ribelle ad un comportamento inadeguato, pur di attirare, a tutti i costi, l'attenzione genitoriale...
L'insicurezza rende noi "ribelli" estremisti...
Odiamo sentirci manipolati...
Le proibizioni sortiscono, in noi, l'effetto contrario...
Guai se le richieste diventano imposizioni!
Quante difficoltà e quanti patimenti seguono alle afflizioni, alle sofferenze ed alle angosce sperimentate durante l'infanzia!
Quanti percorsi bisogna intraprendere prima di arrivare alla pacificazione!
Quanto è vitale l'accesso emotivo al padre nei processi di individuazione e separazione...!
Questa figura genitoriale avrebbe dovuto rappresentare la mia identificazione con il "fare", con l'"agire", con l'"ottenere"... con la volontà, con l'autostima, con il potere personale... avrebbe dovuto personificare la mia capacità di affermazione e di riuscita nel sociale... la possibilità di vedere riconosciuti il mio talento, le mie risorse, il mio valore, la mia unicità...
Il fatto di aver sperimentato, da un lato, un rapporto "assente" con la figura paterna... e, dall'altro, di averla eccessivamente idealizzata, se non addirittura mitizzata... non mi ha permesso di rapportarmi con mio papà in modo realistico...
Fino ad una certa età, non ho mai saputo, né voluto, riconoscere questa difficoltà di relazione...
Innamorata di mio padre, come tutte le figlie primogenite, non trovavo, né volevo trovare, alcuna ragione per "criticarlo"...
A livello inconscio, però, mi sentivo "offesa"... provavo sfiducia, scoramento, diffidenza, risentimento...
Mi vedevo sola, scissa, abbandonata a me stessa, privata di "un qualcosa di importante"...
Non mi sentivo amata...
"RITRATTO DI FANCIULLA" - 1878 EMILE MUNIER (1840 - 1895) |
Mio padre, agli occhi di sua madre, di sua zia, delle sue tre sorelle, dei suoi quattro nipoti, tre dei quali nati prima di me e dei miei fratelli, è sempre stato un "dio", una "leggenda", un "eroe" invincibile, un "superuomo" al quale chiedere qualsiasi cosa...
Si è sempre trovato a dover rappresentare "un qualcosa di non razionale" che esprimeva, tutte quante insieme, le più alte aspirazioni della sua collettività di origine, del suo clan di appartenenza... i cui membri, beneficiari pressoché esclusivi della sua "grazia divina", avevano maturato, nei suoi confronti, la gelosia tipica di chi teme di perdere l'affetto dell'amato... di chi ha il sospetto che qualcuno voglia sottrargli un figlio, un nipote, un fratello, uno zio, una proprietà che non vuole cedere a nessuno, per nessuna ragione al mondo...
Quanto l'abbiamo amato... io, mia madre, i miei fratelli!
Quante volte abbiamo sperato di riuscire a guadagnare un posto nel suo cuore!
Quante volte ci è sfuggito!
Bello come un attore del cinema, occhi a mandorla color del cielo, nato negli Stati Uniti d'America da genitori italiani emigrati, come tanti altri, oltre oceano, per motivi di lavoro, a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento e, come tanti, ritornati, poi, in Italia agli inizi degli Anni Venti del Novecento... Ufficiale della Regia Aeronautica Militare Italiana, Capitano Pilota con Medaglia d'Argento durante la Seconda Guerra Mondiale... mio padre, affascinante e gentile, era cugino di mia madre ed aveva ben dieci anni più di lei...
La madre della mia mamma era cugina di primo grado del padre di mio papà...
La nonna di mia madre era sorella del nonno di mio padre...
Nel settembre del 1951, quando i miei genitori si sono sposati, mio padre aveva già trentotto anni di età e legami inscindibili con i membri della sua famiglia d'origine, con i quali si identificava completamente...
Difficile, per lui, riuscire a creare nuovi legami così profondi come quelli connessi alle sue origini, impossibile allontanarsi da una così intensa "simbiosi" familiare per rendersi indipendente e disponibile a dar vita ad una nuova stirpe, impensabile "tradire" il proprio sistema per un altro, pur così simile, vicino, sovrapposto al suo...
In me, che mi sono sempre sentita fuori dalla sfera di influenza di mio padre, rimane la profonda, struggente nostalgia per questa "meravigliosa" figura di appartenenza che non è mai stata del tutto mia... rimane il ricordo del mio grande affetto nei suoi confronti... rimangono le ferite dell'attaccamento... il sentimento di perdita, di privazione, di abbandono, di lontananza, di assenza, di solitudine, di separazione che mi assaliva da bambina ogni volta che vedevo il papà "con la testa girata verso la sua famiglia d'origine"... rimane il sentimento di profonda devozione e di assoluta fedeltà che solo una figlia primogenita sente così forte nei confronti della figura genitoriale maschile... rimane il sacrificio rituale dell'amore "cieco", che ho messo in atto, per lui, sin dall'infanzia...
"Sono tua figlia!
Ti prego... dammi un posto nel tuo cuore!
Potrei arrivare persino a morire per te!"
La mia ribellione, il mio pormi "contro"... era un emblematico sacrificio... una disperata richiesta di riconoscimento, di integrazione... un desiderio di soggettività...
Non era la superbia di Prometeo, il ribelle della tradizione greca... né quella dell'"Angelo caduto", "Il Portatore di Luce" della letteratura biblica... quanto, piuttosto, la drammatica rivendicazione di potere di Caino, ombra di Abele, che non si vede beneficiato dalla grazia del padre...
Concludo qui questo parziale confronto con le mie "ombre", tappa obbligata del mio "eroico viaggio" dentro i penetrali della coscienza...
Avvertire la necessità di veder riconosciuti il proprio valore, la propria unicità, la propria originalità... e non avere la consapevolezza di come rapportarsi nel sociale per ottenere il rispetto e la fiducia dovuti... è il nucleo centrale delle difficoltà che incontra chi, come me, durante l'infanzia, ha avuto un rapporto complesso con il proprio padre.
Il coraggio, la fierezza, l'orgoglio, l'ardore ribelle tipico di un "guerriero"... vivi e presenti nel profondo dell'essere... o vengono portati al loro limite estremo... o risultano, anche se è solo un'apparenza, quasi del tutto assenti...
Dalla manifestazione esagerata, si può passare alla totale mancanza... dall'onnipotenza, si può passare all'impotenza...
La difficoltà principale sta nel vivere l'equilibrio, perché il frenetico bisogno di essere presi in considerazione può portare il fanciullo o la fanciulla ribelle ad un comportamento inadeguato, pur di attirare, a tutti i costi, l'attenzione genitoriale...
L'insicurezza rende noi "ribelli" estremisti...
Odiamo sentirci manipolati...
Le proibizioni sortiscono, in noi, l'effetto contrario...
Guai se le richieste diventano imposizioni!
"RAGAZZA ITALIANA" EMILE MUNIER (1840 - 1895) |
Quante difficoltà e quanti patimenti seguono alle afflizioni, alle sofferenze ed alle angosce sperimentate durante l'infanzia!
Quanti percorsi bisogna intraprendere prima di arrivare alla pacificazione!
Quanto è vitale l'accesso emotivo al padre nei processi di individuazione e separazione...!
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