VENTIDUESIMO SCRITTO SUL TEMA
MI VENGONO INCONTRO DAL PASSATO.. TENDENDOMI LA MANO..
DEDICATO ALLA MIA AMATA NONNA VERINA
LA NONNA MATERNA E' MOLTO IMPORTANTE PER NOI NIPOTI CHE DA LEI DISCENDIAMO...
IL SUO RUOLO E' FONDAMENTALE.. NON SOLO DAL PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO, MA, A QUANTO SEMBRA, ANCHE DA QUELLO GENETICO...
Determinata, volonterosa, intraprendente, coraggiosa, orgogliosa, autosufficiente.. abituata a lavorare in modo concreto, sperimentando in prima persona, con un grande senso dell'onore e della dignità personale... Nessuno la poteva confondere con altri o calpestare.. Non permetteva a nessuno di mancarle di rispetto.. |
I dati statistici ci dicono che, all'interno del sistema familiare di origine, la figura più ricordata e più amata in assoluto è quella della nonna materna.
Anche per me è stato così, anche se non c'era alleanza alcuna fra mia madre e mia nonna...
I loro rapporti erano tutt'altro che fluidi...
Gli scambi, per niente felici...
Nessun sentimento di amicizia albergava fra loro... anzi, era decisamente la rivalità a farla da padrona...
Eppure, fra me e la nonna materna, c'era una incredibile, reciproca simpatia, una complicità, un'intesa, un continuo, immediato passaggio di pensiero...
Mia nonna non amava mia madre, mia madre non amava me, ma io e la nonna ci amavamo, eccome!
Ora che, attraverso la sofferenza, sono diventata adulta, capisco che, in quel grande affetto che mia nonna nutriva per me, era compresa anche mia madre, ma, allora, ero piccola e non riuscivo a spiegarmi il perché di un tale meccanismo... e tutto mi appariva così insidioso...
Veronica, detta Verina, questo il bellissimo nome della mia nonna materna, ha contribuito non poco a mitigare gli effluvi negativi che mi raggiungevano e mi devastavano, provenienti dalla durezza di mia madre, dalla sua superiorità, dalla sua severità, dalla sua autorità...
Anche la nonna, a sua volta, non aveva ricevuto amore da sua madre, la mia bisnonna Rosina, ma ricordava, con tanto affetto, la sua nonna, anche se, in questo caso, devo dire il vero, si trattava della nonna paterna, la mia trisavola Veronica, stesso nome di battesimo della nonna, figura antica che la aspettava, in grazia, alla limonaia di "Sopino Alto", dove la accoglieva amorevolmente con un mezzo uovo sodo ed uno spicchio di arancia... un rito che si ripeteva sempre uguale, una cerimonia tutta loro, un piacere semplice che la mia nonna, anziana, ricordava con tanta nostalgia...
Oggi sappiamo che la figura della nonna materna è fondamentale per i nipoti che da lei discendono, molto di più rispetto a quella del nonno stesso, suo coniuge... e non solo dal punto di vista psicologico, ma anche, così almeno sembra, da quello genetico...
La mia nonna Verina, quando era incinta di mia mamma, attraverso i suoi ovociti, mi ha trasmesso, inconsapevolmente, informazioni, programmi, memorie di vita vissuta.. che, saltando una generazione, sono rimbalzati a me..
Il mio ovulo, come quello di mio fratello e quello di mia sorella, conteneva già tutti i ricordi della nonna incinta, le sue gioie, i suoi dispiaceri, i suoi desideri, le sue passioni, i segreti, gli affetti più cari, i conflitti celati e inespressi, il modo di vivere la quotidianità, di far fronte ai problemi ordinari, di risolvere quelli straordinari...
Come non sentirla vicina?
Nata a Limone, sul lago di Garda, nell'antica limonaia della Garbéra, dove i genitori lavoravano come fattori dei Conti Bettoni, nobile famiglia bresciana che, durante la stagione estiva, soggiornava sul lago, nel palazzo di Bogliaco, ma anche a Limone, nella Garbéra stessa, Verina, bella come il sole, energica e disinibita, venne mandata, ancora adolescente, a Brescia, al servizio della Contessa Bettoni, che, a sua volta, la indirizzò a Padova, dopo essersi accorta che la ragazzina aveva un serio problema di udito all'orecchio sinistro.
Ricoverata in ospedale, a Padova, per le cure del caso, la mia nonna prese improvvisamente coscienza di se stessa e della sua vera natura...
Si appassionò, a tal punto, del lavoro ospedaliero che le ruotava tutto attorno, da volersi iscrivere immediatamente alla "Scuola d'Ostetricia" della "Regia Università di Padova" per diventare levatrice.
Erano gli anni bui del primo conflitto mondiale...
Rosina e Giovanni, i genitori di Verina, sul Garda sconvolto dalla guerra, cercavano già, in tutti i modi possibili, di racimolare il denaro necessario all'acquisto dell'antica limonaia in declino dove lavoravano ed abitavano, per passare da fattori a proprietari, con i conseguenti piccoli vantaggi...
A Padova, la passione, portò mia nonna a frequentare la scuola con assiduità e con profitto tanto che, il giorno 23 di maggio del 1916, Veronica sostenne, con lode, l'esame per "L'Abilitazione all'esercizio della Professione di Levatrice".
Il giorno successivo, le venne rilasciato il "Diploma in nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d'Italia" per mano del Professor Ferdinando Lori, Cavaliere dell'Ordine Mauriziano e Commendatore dell'Ordine Italiano della Corona, nonché Rettore della Regia Università di Padova.
Con lei, i cinque suoi insegnanti, due professori e tre ostetriche, e le altre ventuno levatrici diplomate in quell'anno insieme a lei, fra le quali l'amica del cuore, Carmen Collodel, che le rimarrà, poi, vicina.
Innamorata di Padova e della sua bella, nuova professione, Verina si trattenne in quella città per altri due anni di praticantato ospedaliero, prima di fare definitivamente ritorno a Limone, di divenire sposa e madre... e levatrice del paese, l'ultima, per oltre cinquant'anni...
Quanto l'ho ammirata!
Quanto le ho voluto bene!
Come avrei voluto assomigliare a lei!
Portare il suo nome!
Avere la sua bellezza, la sua disinvoltura e la sua forza d'animo!
Quanti bambini ha aiutato a venire al mondo!
A quanti ha salvato la vita!
Ha affrontato una cifra incalcolabile di casi difficili e li ha risolti con l'aiuto delle sue mani esperte... dita lunghe e affusolate...
Quante volte è salita su per la montagna ad aiutare, con la luce del giorno o con il buio della notte, con la neve, con il freddo, con la pioggia e col gelo, le mogli dei carbonai che, anche se prossime al travaglio, sorvegliavano le cataste di legna ardenti che trasmutavano in carbone!
Quante volte ha assistito gli anziani e i moribondi, sostituendosi al medico o all'infermiera!
Che dolore straziante, che pena indicibile, fallire proprio con un suo nipote!
Mia nonna non amava mia madre, mia madre non amava me, ma io e la nonna ci amavamo, eccome!
Ora che, attraverso la sofferenza, sono diventata adulta, capisco che, in quel grande affetto che mia nonna nutriva per me, era compresa anche mia madre, ma, allora, ero piccola e non riuscivo a spiegarmi il perché di un tale meccanismo... e tutto mi appariva così insidioso...
Veronica, detta Verina, questo il bellissimo nome della mia nonna materna, ha contribuito non poco a mitigare gli effluvi negativi che mi raggiungevano e mi devastavano, provenienti dalla durezza di mia madre, dalla sua superiorità, dalla sua severità, dalla sua autorità...
Anche la nonna, a sua volta, non aveva ricevuto amore da sua madre, la mia bisnonna Rosina, ma ricordava, con tanto affetto, la sua nonna, anche se, in questo caso, devo dire il vero, si trattava della nonna paterna, la mia trisavola Veronica, stesso nome di battesimo della nonna, figura antica che la aspettava, in grazia, alla limonaia di "Sopino Alto", dove la accoglieva amorevolmente con un mezzo uovo sodo ed uno spicchio di arancia... un rito che si ripeteva sempre uguale, una cerimonia tutta loro, un piacere semplice che la mia nonna, anziana, ricordava con tanta nostalgia...
Oggi sappiamo che la figura della nonna materna è fondamentale per i nipoti che da lei discendono, molto di più rispetto a quella del nonno stesso, suo coniuge... e non solo dal punto di vista psicologico, ma anche, così almeno sembra, da quello genetico...
La mia nonna Verina, quando era incinta di mia mamma, attraverso i suoi ovociti, mi ha trasmesso, inconsapevolmente, informazioni, programmi, memorie di vita vissuta.. che, saltando una generazione, sono rimbalzati a me..
Il mio ovulo, come quello di mio fratello e quello di mia sorella, conteneva già tutti i ricordi della nonna incinta, le sue gioie, i suoi dispiaceri, i suoi desideri, le sue passioni, i segreti, gli affetti più cari, i conflitti celati e inespressi, il modo di vivere la quotidianità, di far fronte ai problemi ordinari, di risolvere quelli straordinari...
Come non sentirla vicina?
VERINA, A PADOVA, DURANTE IL PRATICANTATO, POSA IN DIVISA DA OSTETRICA. SARA' L'ULTIMA LEVATRICE DI LIMONE SUL GARDA ED ESERCITERA' LA SUA PROFESSIONE, ININTERROTTAMENTE, PER OLTRE CINQUANT'ANNI.. |
Nata a Limone, sul lago di Garda, nell'antica limonaia della Garbéra, dove i genitori lavoravano come fattori dei Conti Bettoni, nobile famiglia bresciana che, durante la stagione estiva, soggiornava sul lago, nel palazzo di Bogliaco, ma anche a Limone, nella Garbéra stessa, Verina, bella come il sole, energica e disinibita, venne mandata, ancora adolescente, a Brescia, al servizio della Contessa Bettoni, che, a sua volta, la indirizzò a Padova, dopo essersi accorta che la ragazzina aveva un serio problema di udito all'orecchio sinistro.
Ricoverata in ospedale, a Padova, per le cure del caso, la mia nonna prese improvvisamente coscienza di se stessa e della sua vera natura...
Si appassionò, a tal punto, del lavoro ospedaliero che le ruotava tutto attorno, da volersi iscrivere immediatamente alla "Scuola d'Ostetricia" della "Regia Università di Padova" per diventare levatrice.
Erano gli anni bui del primo conflitto mondiale...
Rosina e Giovanni, i genitori di Verina, sul Garda sconvolto dalla guerra, cercavano già, in tutti i modi possibili, di racimolare il denaro necessario all'acquisto dell'antica limonaia in declino dove lavoravano ed abitavano, per passare da fattori a proprietari, con i conseguenti piccoli vantaggi...
A Padova, la passione, portò mia nonna a frequentare la scuola con assiduità e con profitto tanto che, il giorno 23 di maggio del 1916, Veronica sostenne, con lode, l'esame per "L'Abilitazione all'esercizio della Professione di Levatrice".
Il giorno successivo, le venne rilasciato il "Diploma in nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d'Italia" per mano del Professor Ferdinando Lori, Cavaliere dell'Ordine Mauriziano e Commendatore dell'Ordine Italiano della Corona, nonché Rettore della Regia Università di Padova.
Con lei, i cinque suoi insegnanti, due professori e tre ostetriche, e le altre ventuno levatrici diplomate in quell'anno insieme a lei, fra le quali l'amica del cuore, Carmen Collodel, che le rimarrà, poi, vicina.
Innamorata di Padova e della sua bella, nuova professione, Verina si trattenne in quella città per altri due anni di praticantato ospedaliero, prima di fare definitivamente ritorno a Limone, di divenire sposa e madre... e levatrice del paese, l'ultima, per oltre cinquant'anni...
Quanto l'ho ammirata!
Quanto le ho voluto bene!
Come avrei voluto assomigliare a lei!
Portare il suo nome!
Avere la sua bellezza, la sua disinvoltura e la sua forza d'animo!
Quanti bambini ha aiutato a venire al mondo!
A quanti ha salvato la vita!
Ha affrontato una cifra incalcolabile di casi difficili e li ha risolti con l'aiuto delle sue mani esperte... dita lunghe e affusolate...
Quante volte è salita su per la montagna ad aiutare, con la luce del giorno o con il buio della notte, con la neve, con il freddo, con la pioggia e col gelo, le mogli dei carbonai che, anche se prossime al travaglio, sorvegliavano le cataste di legna ardenti che trasmutavano in carbone!
Quante volte ha assistito gli anziani e i moribondi, sostituendosi al medico o all'infermiera!
Che dolore straziante, che pena indicibile, fallire proprio con un suo nipote!
Sono bei ricordi, mia nonna quando era viva andavo tutte le sere a trovarla, facevo la camomilla, guardavamo la televisione insieme, la salutava e le dicevo "ci vediamo domani" tute le sere.. La nonna!
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