QUINDICESIMO SCRITTO SUL TEMA
MI VENGONO INCONTRO DAL PASSATO.. TENDENDOMI LA MANO..
"FIGLIA SOSTITUTIVA"... PORTO IL NOME DI UNO ZIO MORTO ANZITEMPO E SONO NATA NELL'ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE VIOLENTA...
Mercoledì della scorsa settimana, ho festeggiato il mio compleanno, un giorno del tutto speciale per me, impossibile da dimenticare ed anche molto, molto triste, perché coincide con un penoso e mai del tutto chiarito anniversario di famiglia dell'ascendenza genealogica di mia madre...
Io, nel 1954, all'età di un anno e qualche mese, in una rielaborazione del fotografo Tita Franzosi di Salò. |
Alla stessa, identica ora nella quale io, sessantatré anni or sono, sono venuta al mondo... nello stesso giorno... nello stesso mese... e nello stesso piccolo paese di appartenenza, luogo magico ed incantato affacciato sul lago di Garda, proprio al confine fra la Lombardia ed il Trentino... otto anni prima della mia nascita, già quasi al termine della Seconda Guerra Mondiale, in modo del tutto inatteso e violento, perdeva la vita, colpito al cuore dalla fucilata di un sottufficiale tedesco, lo zio di mia madre, zio che portava il mio stesso nome di battesimo, Giuseppe...
Erano le ore dodici e trenta minuti del giorno sedici settembre del 1944, anno di sangue per Limone sul Garda...
Un soldato tedesco, alloggiato, da tempo, presso l'albergo del quale lo zio materno era proprietario, ritornato da una missione che lo aveva portato fino in Piemonte, stava, a suo dire, ripulendo le armi su di un grande terrazzo dal quale si scorgeva, situata più in basso, la porta d'ingresso della sala da pranzo, dove il mio prozio stava servendo, di persona, i suoi clienti... non più turisti stranieri, come un tempo, ma ufficiali e sottufficiali tedeschi che, dall'undici settembre del 1943, cioè da più di un anno a quella parte, avevano requisito l'albergo per alloggiarvisi...
Terminato di servire in tavola, lo zio era solito uscire dalla sala per rilassarsi, solo per un attimo, fra il verde dei suoi pergolati...
Fu in quell'attimo che, dal fucile, ancora carico, del sottufficiale tedesco, inavvertitamente, o, per lo meno, così fu, da lui stesso, riferito, partì un colpo mortale che colse lo zio in pieno petto, proprio all'altezza del cuore...
Portato, immediatamente, all'ospedale di Riva del Garda, solo dieci chilometri a nord di Limone, con l'unica auto di servizio pubblico esistente in paese, di stanza proprio davanti al suo albergo, nonostante il pronto intervento chirurgico, Giuseppe esalò il suo ultimo respiro.
Sconvolto, perplesso ed impotente il fratello minore che lo accompagnava, fratello che poi, esattamente otto anni dopo, sarebbe divenuto mio nonno... in quella stessa ora, in quello stesso giorno ed in quello stesso mese...
Nel registro dei morti, di fianco alla notifica del decesso, il parroco aggiunse questa frase: "Prima di morire, Giuseppe, chiese che fosse perdonato all'involontario suo uccisore".
Così riferisce Domenico Fava, studioso di storia e cultura gardesana, nell'interessante, ampio capitolo quindicesimo del grande volume intitolato "Limone sul Garda", capitolo tutto dedicato alle vicende storiche del piccolo borgo dell'Alto lago dove io ed il mio prozio abbiamo avuto i natali, vicende che, partendo dall'Unità d'Italia, arrivano fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Non si seppe mai se lo zio fu vittima di un crimine oppure di un fatale, tragico incidente...
Il dubbio portò con sé la confusione sui volti e nella mente delle persone a lui vicine... e un vuoto incolmabile si aprì nei cuori dei parenti e degli amici più cari.
Immenso il dolore della giovane figlia, già orfana di madre dall'età di sei anni, che si ostinava, ripetutamente, ad interrogare gli ufficiali tedeschi sull'accaduto, senza riuscire a capacitarsi del fatto.
Acuta la pena della madre, anziana, ma ancora in grado di capire quello che tutti le volevano nascondere...
Pesante lo sconforto della sorella maggiore...
Senza fine le lacrime del fratello minore...
Unica nipote presente (gli altri due erano al fronte) mia madre, che amava ed ammirava questo suo zio paterno più di qualsiasi altro zio...
Grazie alla sua testimonianza ho potuto scrivere queste righe.
Ogni volta che la interrogo sull'argomento, sperando di strapparle un qualcosa in più, che mai non arriva... lei muove gli occhi con inquietudine, come chi ha desiderio di chiudere un colloquio troppo spinoso o, forse, semplicemente, troppo penoso...
"Nessuno di noi si era mai accorto che la tua data di nascita coincideva con quella della morte dello zio Bèpi!" mi ripete...
"Dovevi arrivare tu, con i tuoi studi, per scoprirlo!" sorride con sarcasmo...
"Ma possibile che mai nessuno, in famiglia, se ne fosse accorto?" insisto io...
"Possibile che nessuno di voi, alla mia nascita, avesse notato una cosa così evidente?"
Tutte le morti improvvise sono difficili da accettare...
Nel caso dello zio, c'è stato un qualcosa in più...
Il normale processo di elaborazione del lutto, ad un certo punto, si dev'essere come interrotto...
L'accettazione, il sollievo dalla sofferenza, la guarigione, il distacco, molto probabilmente stentavano troppo ad arrivare...
La ferita ancora aperta non riusciva , in nessun modo, a cicatrizzare...
Il sistema familiare deve aver dato il via alla ricerca di un conforto da individuare all'interno del contratto di uno o più discendenti, concepiti negli anni successivi al decesso... conforto che consentisse di ridurre il dolore, fornendo, in un qualche modo, la possibilità di "far continuare a vivere" la persona cara, ormai deceduta, attraverso qualcun altro, chiamato a ricordarla, ad "indossare il suo abito", a sostituirla, ad occupare il suo posto... a portare, per anni, in segreto, la sua stessa identità, con tutte le ripercussioni che questo fatto può comportare... evoluzione psicologica frenata, perturbata, deviata... per lo meno finché non si arriva a prender coscienza dell'accaduto... esorcizzando e sublimando il problema.. magari attraverso un'attività creativa...
Figlia del lutto non elaborato, chiamata a ricordare con l'ora, il giorno, il mese della mia data di nascita e, non bastasse questo, anche con il mio nome, il mio prozio materno, personaggio di sesso opposto al mio... morto anzitempo in modo improvviso e violento ed in circostanze mai chiarite... mi sono mossa, fin da piccola, su di un terreno minato, pieno di rischi e di pericoli..... terreno che, fortunatamente, conteneva in sé anche la possibilità di portare a termine il processo di elaborazione del lutto lasciato incompiuto...
All'inizio, la mia, è stata l'innocenza, la fedeltà e la sofferenza di chi non sa trovare la soluzione ad un problema che avverte, ma che non sa bene mettere a fuoco...
Con il tempo, invece, ho imparato ad accogliere, ad amare e ad onorare questa importante persona del mio passato... a tenerla con me, come fosse "un sigillo sul mio cuore"...
A volte, immagino questo mio antenato davanti a me...
Lo vedo come era nelle sue fotografie più belle... bambino dall'intelligenza aperta... ragazzo bilingue che adorava la musica e la politica, eternamente in viaggio fra l'Impero austro-ungarico e il Regno d'Italia... ventenne così preso dalla "causa italiana" da arrivare persino a svolgere il rischioso compito di "informatore" presso il Comando della Regia Guardia di Finanza di Limone, posta a vigilare il confine....
Lo vedo giovane innamorato.... sposo affezionatissimo.... padre amorevole e generoso...
"Ti darò tutto il mio rispetto, ora.." gli sussurro...
"Non avrò nulla da temere..."
"Hai bussato e la mia anima ti ha aperto.."
"Avrai un posto d'onore nel mio cuore.."
"La mia data di nascita perpetuerà il ricordo della tua morte prematura..."
"La tua grande generosità continuerà a vivere in me... La accoglierò come tuo dono "principe" nella mia esistenza... come si accoglie una speciale "benedizione" che porta con sé una forza nuova e benefica, in grado di guarire ogni ferita..."
"Renderò nota la tua triste storia, rimasta nell'ombra, affinché tutto possa ritornare a posto... come era prima..."
Terminato di servire in tavola, lo zio era solito uscire dalla sala per rilassarsi, solo per un attimo, fra il verde dei suoi pergolati...
Fu in quell'attimo che, dal fucile, ancora carico, del sottufficiale tedesco, inavvertitamente, o, per lo meno, così fu, da lui stesso, riferito, partì un colpo mortale che colse lo zio in pieno petto, proprio all'altezza del cuore...
Portato, immediatamente, all'ospedale di Riva del Garda, solo dieci chilometri a nord di Limone, con l'unica auto di servizio pubblico esistente in paese, di stanza proprio davanti al suo albergo, nonostante il pronto intervento chirurgico, Giuseppe esalò il suo ultimo respiro.
Sconvolto, perplesso ed impotente il fratello minore che lo accompagnava, fratello che poi, esattamente otto anni dopo, sarebbe divenuto mio nonno... in quella stessa ora, in quello stesso giorno ed in quello stesso mese...
Nel registro dei morti, di fianco alla notifica del decesso, il parroco aggiunse questa frase: "Prima di morire, Giuseppe, chiese che fosse perdonato all'involontario suo uccisore".
Così riferisce Domenico Fava, studioso di storia e cultura gardesana, nell'interessante, ampio capitolo quindicesimo del grande volume intitolato "Limone sul Garda", capitolo tutto dedicato alle vicende storiche del piccolo borgo dell'Alto lago dove io ed il mio prozio abbiamo avuto i natali, vicende che, partendo dall'Unità d'Italia, arrivano fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Non si seppe mai se lo zio fu vittima di un crimine oppure di un fatale, tragico incidente...
Il dubbio portò con sé la confusione sui volti e nella mente delle persone a lui vicine... e un vuoto incolmabile si aprì nei cuori dei parenti e degli amici più cari.
Immenso il dolore della giovane figlia, già orfana di madre dall'età di sei anni, che si ostinava, ripetutamente, ad interrogare gli ufficiali tedeschi sull'accaduto, senza riuscire a capacitarsi del fatto.
Acuta la pena della madre, anziana, ma ancora in grado di capire quello che tutti le volevano nascondere...
Pesante lo sconforto della sorella maggiore...
Senza fine le lacrime del fratello minore...
Unica nipote presente (gli altri due erano al fronte) mia madre, che amava ed ammirava questo suo zio paterno più di qualsiasi altro zio...
Grazie alla sua testimonianza ho potuto scrivere queste righe.
Ogni volta che la interrogo sull'argomento, sperando di strapparle un qualcosa in più, che mai non arriva... lei muove gli occhi con inquietudine, come chi ha desiderio di chiudere un colloquio troppo spinoso o, forse, semplicemente, troppo penoso...
"Nessuno di noi si era mai accorto che la tua data di nascita coincideva con quella della morte dello zio Bèpi!" mi ripete...
"Dovevi arrivare tu, con i tuoi studi, per scoprirlo!" sorride con sarcasmo...
"Ma possibile che mai nessuno, in famiglia, se ne fosse accorto?" insisto io...
"Possibile che nessuno di voi, alla mia nascita, avesse notato una cosa così evidente?"
Tutte le morti improvvise sono difficili da accettare...
Nel caso dello zio, c'è stato un qualcosa in più...
Il normale processo di elaborazione del lutto, ad un certo punto, si dev'essere come interrotto...
L'accettazione, il sollievo dalla sofferenza, la guarigione, il distacco, molto probabilmente stentavano troppo ad arrivare...
La ferita ancora aperta non riusciva , in nessun modo, a cicatrizzare...
Il sistema familiare deve aver dato il via alla ricerca di un conforto da individuare all'interno del contratto di uno o più discendenti, concepiti negli anni successivi al decesso... conforto che consentisse di ridurre il dolore, fornendo, in un qualche modo, la possibilità di "far continuare a vivere" la persona cara, ormai deceduta, attraverso qualcun altro, chiamato a ricordarla, ad "indossare il suo abito", a sostituirla, ad occupare il suo posto... a portare, per anni, in segreto, la sua stessa identità, con tutte le ripercussioni che questo fatto può comportare... evoluzione psicologica frenata, perturbata, deviata... per lo meno finché non si arriva a prender coscienza dell'accaduto... esorcizzando e sublimando il problema.. magari attraverso un'attività creativa...
Figlia del lutto non elaborato, chiamata a ricordare con l'ora, il giorno, il mese della mia data di nascita e, non bastasse questo, anche con il mio nome, il mio prozio materno, personaggio di sesso opposto al mio... morto anzitempo in modo improvviso e violento ed in circostanze mai chiarite... mi sono mossa, fin da piccola, su di un terreno minato, pieno di rischi e di pericoli..... terreno che, fortunatamente, conteneva in sé anche la possibilità di portare a termine il processo di elaborazione del lutto lasciato incompiuto...
All'inizio, la mia, è stata l'innocenza, la fedeltà e la sofferenza di chi non sa trovare la soluzione ad un problema che avverte, ma che non sa bene mettere a fuoco...
Con il tempo, invece, ho imparato ad accogliere, ad amare e ad onorare questa importante persona del mio passato... a tenerla con me, come fosse "un sigillo sul mio cuore"...
A volte, immagino questo mio antenato davanti a me...
Lo vedo come era nelle sue fotografie più belle... bambino dall'intelligenza aperta... ragazzo bilingue che adorava la musica e la politica, eternamente in viaggio fra l'Impero austro-ungarico e il Regno d'Italia... ventenne così preso dalla "causa italiana" da arrivare persino a svolgere il rischioso compito di "informatore" presso il Comando della Regia Guardia di Finanza di Limone, posta a vigilare il confine....
Lo vedo giovane innamorato.... sposo affezionatissimo.... padre amorevole e generoso...
"Ti darò tutto il mio rispetto, ora.." gli sussurro...
"Non avrò nulla da temere..."
"Hai bussato e la mia anima ti ha aperto.."
"Avrai un posto d'onore nel mio cuore.."
"La mia data di nascita perpetuerà il ricordo della tua morte prematura..."
"La tua grande generosità continuerà a vivere in me... La accoglierò come tuo dono "principe" nella mia esistenza... come si accoglie una speciale "benedizione" che porta con sé una forza nuova e benefica, in grado di guarire ogni ferita..."
"Renderò nota la tua triste storia, rimasta nell'ombra, affinché tutto possa ritornare a posto... come era prima..."
Scrive Anne Ancelin Schutzenberger, psicologa francese la cui esperienza nell'ambito della psicogenealogia è nota a livello internazionale: "Si osservano fatti, all'apparenza, inspiegabili nel caso dei cosiddetti "figli sostitutivi", bambini concepiti per rimpiazzare un parente morto da poco tempo, che, spesso, portano il nome del morto e nascono nell'anniversario della sua morte, senza che il lutto sia stato elaborato. Se questa morte è rimasta nascosta, il percorso di vita del "figlio sostitutivo" non sarà dei più felici."
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