venerdì 30 ottobre 2015

"COME TI CHIAMI?"


DICIOTTESIMO SCRITTO SUL TEMA

MI VENGONO INCONTRO DAL PASSATO... TENDENDOMI LA MANO...



IL NOME E' LA BASE DELLA NOSTRA IDENTITA'

IL ROMANZO FAMILIARE CHE E' RACCHIUSO NEL MIO NOME...

"TUTTO QUEL CHE SI E' PERDUTO, RITORNA..."
diceva SIGMUND FREUD 
nel "L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI"...


Quando enunciamo il nostro nome ed il nostro cognome, in risposta alla domanda "Come ti chiami?", decliniamo anche la nostra identità... ci presentiamo già in tutto e per tutto... geograficamente, socialmente, culturalmente, nella nostra adesione etnica ed in quella religiosa...
Spesso non ne abbiamo coscienza, ma il nostro nome ed il nostro cognome ci annunciano come potenziali amici o come potenziali avversari, come "appartenenti" o come "esclusi", come gente del luogo o come forestieri sconosciuti da guardare con sospetto... ci includono o ci escludono in partenza da un gruppo...
"Sei "di qui" o sei "di fuori"?
"Sei "uno dei nostri" o sei "uno straniero"? 
"Un potenziale nemico?"
"Il discendente di un nemico?"
Nel pronunciare il nostro nome ed il nostro cognome si dà per sottinteso che, nel giro di poco tempo, si saprà anche in quale epoca siamo nati, dove siamo nati e da chi...
"Da dove vieni?"
"Che lingua parli?"
"Chi è tuo padre?" "Che lavoro fa?"
"A quale razza appartieni?"
"A quale religione?"
"A quale livello sociale?"
"Qual'è la tua cultura?" "Le tue tradizioni?"
Il nome ed il cognome dicono già tutto questo.. ed anche molto di più...
Il cognome che ci è stato trasmesso proviene dal passato ed indica, nella nostra cultura patriarcale, il rapporto con gli antenati del ramo paterno...
L'uomo dà il suo cognome alla donna che sposa e lo passa, poi, ai figli da lei partoriti per riconoscerli come propri, per dichiarare che sono nati legittimamente da lui.. e che, quindi, appartengono alla sua famiglia...
L'importanza del cognome, nella maggior parte delle culture e delle civiltà di tutti i tempi, è legata al figlio maschio che garantisce, o per lo meno dovrebbe garantire, nelle aspettative del padre e della madre, la sopravvivenza del cognome stesso e della stirpe.
L'inconscio familiare, anche quello dei giorni nostri, si augura sempre un figlio maschio e la continuazione del patronimico, anche se l'uguaglianza fra uomini e donne è oramai di legge...
" FAR AWAY "
SOPHIE GENGEMBRE ANDERSON

PARIGI 1823 - FALMOUTH 1903
Figlia di un architetto parigino e di madre inglese,
per sfuggire alla Rivoluzione del 1848,
 si trasferì, con la famiglia, negli Stati Uniti d'America,
dove conobbe e sposò il pittore britannico Anderson...
Nel 1854 la troviamo a Londra... nel 1858 a New York...
nel 1863 definitivamente a Londra...
molto vicina al movimento dei "Preraffaelliti"...
Nel periodo in cui sono nata io, alcune famiglie, seguendo la scelta della tradizione, assegnavano ai figli, in particolar modo al maggiore, due o tre nomi tra quelli appartenuti ai membri delle precedenti generazioni: di rigore quello dei nonni o delle nonne, quello degli zii o delle zie, che, il più delle volte, erano anche padrini o madrine di battesimo... ma anche quello in memoria di chi era scomparso prematuramente... fratello del nonno o della nonna, del padre, della madre o del soggetto stesso... bambini morti infanti, soldati deceduti sul campo di battaglia, giovani scomparsi in circostanza tragica, ragazze fulminate da improvvisa malattia...
A me, primogenita, vennero assegnati tre nomi di battesimo, il secondo dei quali composto da due nomi, per cui doppio...
Ben quattro personaggi, senza contare quelli contenuti nel cognome che rappresenta tutta quanta la famiglia di origine di mio padre, convivono nell'identità che i miei genitori mi hanno assegnato...
Questa, almeno, l'apparenza... perché, scavando un poco, troviamo, subito, un'altra memoria evocata ma nascosta, un ricordo "mascherato", un nome segreto, trasposto dal maschile al femminile, messo appena in evidenza dal diminutivo con il quale, soprattutto da piccola, mi si chiamava in famiglia...
Cinque, dunque, le persone della mia ascendenza di origine, tutte ormai scomparse, che io menziono nel presentarmi agli altri...
Ma... che dico... cinque...?! 
Molte, molte di più... perché questi nomi che, attraverso nonni e zie, sono rimbalzati fino a me, provenivano da lontano... 
Erano nomi appartenuti a precedenti generazioni, quelle dei bisnonni e dei trisnonni, che, a loro volta, avevano ricevuto in dono il compito di perpetuare quelle precise, particolari identità dalle generazioni che, prima ancora nel tempo, avevano preceduto le loro...
Il nome o i nomi che sono stati scelti appositamente per noi, indicano, in questo caso, in onore di quale nonna o di quale nonno, di quale zia o di quale prozio ha preso il via la nostra identità...
Non è cosa facile "prendere il posto di"...
A volte, è cosa che "segna"...
Esseri invisibili, ma non per questo assenti, i nostri antenati sono intorno e dentro di noi... Ci guidano e ci governano... Trasmettono gli avvenimenti difficili della loro vita alla nostra generazione... Passano a noi i loro traumi irrisolti, le loro malattie, i loro incidenti, i malesseri ed i decessi...
Socrate li chiamava "dàimonos", "démoni"... esseri intermedi fra l'uomo e la divinità.... "voci interiori".... "potenze ispiratrici" della nostra coscienza.... "passioni benigne o maligne" le cui origini si perdono nelle notti di altri tempi, ma che riemergono, forti, con l'alba della nostra nuova vita.... "guide divine" che ci assistono, ci consigliano, influenzano le nostre scelte, le nostre decisioni.... "geni familiari".... "buoni diavoli" che ci bloccano e ci costringono a ritornare sui nostri passi quando stiamo per commettere uno sbaglio... "spiriti guida" che, molte volte, decidono, al posto nostro, l'esito di determinate situazioni della nostra esistenza....
Sigmund Freud li chiamava "revenants", "coloro che ritornano"...
Sant'Agostino.... Françoise Dolto.... Osho.... parlavano di "invisibili" presenti tutt'intorno a noi...
Il mio nome di battesimo non contiene certo un solo "dàimon"... 
Molti i "personaggi" che "si ripresentano", che "ridiventano", che "riacquisiscono uno stato" all'interno della mia identità... in un eterno ritorno che ammette alterne vicende di formazione e di distruzione, di passaggio e di restituzione...
Il mio primo nome di figlia maggiore, Giuseppina, voluto espressamente da mio padre per me, sottolinea, apparentemente, soltanto il legame con la mia nonna paterna, primogenita anch'essa della sua famiglia di appartenenza... 
In realtà, il nome richiama anche altre forti presenze di sesso opposto al mio... 
Il padre della nonna, il suo primo padre, quello vero, si chiamava anch'esso Giuseppe ed era morto improvvisamente, nel giro di pochi giorni e giovanissimo, quando lei aveva soltanto due anni di età... 
Un'anima da "richiamare", quindi...
Non è tutto...
Il nome della nonna veniva abbreviato, da sempre, in "Pina".
Il mio, invece, venne abbreviato, da mia madre, in "Beppina" e, più che la nonna ed il suo sfortunato padre, iniziò subito ad "evocare" un mio prozio materno detto anch'esso "Bèppi", all'anagrafe Giuseppe Luca, morto per mano di un sottufficiale tedesco, nel settembre del 1944, in circostanze mai del tutto chiarite, alla stessa, identica ora, nello stesso giorno e nello stesso mese nei quali, poi, sarei venuta alla luce io, otto anni dopo...
Quando i fatti sono di una tal portata... e, in più, rimangono lì, come ferite aperte, irrisolti, nel dormi-veglia di una forzata dimenticanza...  e vengono anche nascosti nel "buco nero" del "non-detto" perché fanno troppo male... si può star certi che, nella generazione successiva, un discendente si farà carico di ricordarli ampiamente, con una data, un nome, un dolore morale, una malattia, un incidente... il più delle volte senza nemmeno essere al corrente degli avvenimenti in questione...
"Ciò che viene taciuto in una prima generazione... in una seconda lo si griderà con il corpo..." diceva Françoise Dolto, psicoterapeuta familiare francese di formazione freudiana...
Mio padre pensava di avermi legato a sua madre chiamandomi Giuseppina...
Mia madre, anche se ad un livello del tutto inconscio, aveva voluto ricordarsi di suo zio, scomparso in modo così inatteso, prematuro, violento...
Mio padre adorava la sua mamma, intelligente, ambiziosa, forte e decisa, nonostante tutto... e mia madre, in egual misura, amava, apprezzava e stimava questo suo sfortunato zio, rimasto vedovo all'età di trentanove anni, dopo soli sei anni di matrimonio, con una bimba ancora piccola da crescere... eppure, anche lui, così attivo, così aperto, così arguto... un uomo pieno di interessi e di passioni che portava avanti in modo energico e vitale...
Tanto è "pesante" il "senso" del mio primo nome di battesimo, a me, comunque, molto, molto caro, quanto è leggera la storia legata al mio secondo nome, Annalisa...
Sono molto affezionata a questa mia identità del tutto femminile... 
La sento veramente mia...
Anna era il nome di una mia zia paterna e, al contempo, di una  mia bisnonna paterna che aveva passato il suo nome a questa zia e, attraverso di lei, a molte altre pronipoti  della sua discendenza familiare, tra le quali, appunto, anche se in modo secondario, sono compresa anch'io...
Lisa era il nome di una mia prozia materna, Elisabetta Maria, detta Lisetta e di una mia trisnonna, Elisabetta, detta "Zabetta", che le aveva passato il nome...
Annalisa mi riporta ricordi paterni e materni insieme... 
Riunisce e "mescola" simbolicamente le mie due famiglie d'origine e, proprio per questo motivo, sembra darmi forza...
Inoltre è l'unico, tra i  miei nomi, a non essere trasposto dal maschile... l'unico pensato appositamente per una donna... 
I test  kinesiologici, eseguiti dal mio fisioterapista unendo movimento e parola, lo danno come un buon nome per me...
Giovanna, infine, il mio terzo ed ultimo nome, è stato espressamente voluto, per me, dalla mia amatissima nonna materna, in onore sia di suo padre Giovanni, che di suo marito Giovanni Adolfo...
Quante volte le donne innamorate del proprio padre ricercano e sposano, spesso senza neppur rendersene conto, uomini che portano lo stesso, identico nome di battesimo che era appartenuto alla tanto amata figura genitoriale di riferimento...
Sono venuta anche a sapere che una sorella del mio papà, la maggiore tra le sorelle ed anche la primogenita della famiglia, di solito molto ascoltata da tutti quanti, aveva voluto assistere, quale rappresentante  di mio padre e di tutto il suo sistema familiare, al primo parto di mia madre, quello che mi ha portato al mondo, cercando insistentemente, al momento della mia nascita, di proporre, per me, il nome di Daniela, in onore del missionario limonese Daniele Comboni, oggi Santo, che, in quell'anno, veniva festeggiato...
Voleva mettermi sotto la protezione di una "santa guida"... oppure voleva, in un certo qual modo, allontanarmi, stornarmi, escludermi dalle "eredità familiari"... visto che tra lei e mia madre non correva buon sangue...?
Il destino non la ascoltò.. e mia mamma neppure...
Certo che tutti questi nomi trasposti dal maschile al femminile... Giuseppe che diviene Giuseppina, Giovanni che diventa Giovanna, Daniele che avrebbe dovuto divenire Daniela... fanno pensare che l'inconscio di mia madre, quello della nonna e quello della zia e, a questo punto, quello dell'intero gruppo familiare materno e paterno insieme, fosse decisamente attratto da un figlio primogenito maschio e non da una femmina...
"Auguri e figli maschi!!!" si gridava, un tempo, ai novelli sposi...
Le "parole forti" del passato producono ancor'oggi i loro "sorprendenti" effetti... 

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