martedì 29 dicembre 2015

DALLA PARTE DEL DOLORE




QUINDICESIMO SCRITTO SUL TEMA

PAGHIAMO PEGNO AL PASSATO.. FINCHE' NON SI E' CANCELLATO IL DEBITO...




IL TRAUMA, IL LUTTO, LA SOFFERENZA, IL DOLORE, LA MALATTIA.. SONO MOMENTI FORMATIVI, CHE DANNO PROFONDITA' E SPESSORE ALLA NOSTRA VITA...



"NOTTE E SONNO"  -  1878  -  CAPOLAVORO DI EVELYN DE MORGAN,
PITTRICE PRERAFFAELLITA BRITANNICA INNAMORATA DEL RINASCIMENTO ITALIANO

IN GENERE E, IN PARTICOLAR MODO, DEL BOTTICELLI, AL QUALE SI ISPIRAVA.
(LONDRA, 30 AGOSTO 1855  -  LONDRA, 2 MAGGIO 1919)






La vita è complessità e drammaticità.
Voler, a tutti i costi, accelerare la guarigione di una malattia, velocizzare la soluzione di un problema, insistere troppo sul semplificare, sul bonificare, sul depurare, sul dimenticare o sul rimuovere, equivale a banalizzare il dolore, la malattia, il problema e la vita stessa.
Le situazioni difficili, quelle di chi "non sa che partito prendere", le questioni complicate, sulle quali si impone, urgente, il "dover trovare una soluzione", i dubbi da chiarire prima possibile, perché generano troppa preoccupazione, i turbamenti dell'equilibrio psichico e di quello morale che tutti negano, allontanano, combattono perché noiosi, fastidiosi, molesti, difficili da accettare... le "maledizioni", le "sciagure", i danni, gli svantaggi, le difficoltà, le avversità e tutti quanti i problemi quotidiani dell'esistenza, non sono mai degli "incidenti di percorso" da "saltare a piè pari", da scavalcare, da aggirare, da circumnavigare, da ignorare, da evitare, da mettere da parte... 
Le filosofie e le religioni di tutti i tempi e di tutte le latitudini del pianeta ci hanno sempre insegnato che la vita acquista un senso solo nella prospettiva del disagio, del pericolo, del malessere, del dolore, della malattia, della morte.
Noi tutti abbiamo un connaturato bisogno di confrontarci con questa dimensione imprescindibile della vita.
Fuggire non serve, perché qualcosa o qualcuno ci riporterà sempre là, sul "luogo del delitto", sull'orlo di quella rovina profonda ed oscura, di quel baratro dell'orrore, di quel precipizio di pene, di quell'abisso infernale.
La stessa religione cristiana dei miei avi, verso la quale, pur essendo andata oltre le mie origini, nutro un gran senso di fedeltà e di riconoscimento dei valori, adora un corpo afflitto, sofferente, torturato, martirizzato, seviziato, straziato e ucciso su di una croce, pur essendo una fede la cui promessa è tutta rivolta alla resurrezione ed alla vita eterna.
Vita e morte non sono due realtà separate.
Sono due realtà che vivono bene insieme, costantemente correlate ed interconnesse fra di loro... due realtà gemellari, associate, simbiotiche... se non addirittura mescolate, "impastate" fra di loro, amalgamate, sovrapposte l'una all'altra.
Il loro rapporto di convivenza è molto stretto.
La loro associazione durevole, inscindibile.
Non può esistere la vita senza la morte, né la morte senza la vita...
Ci definiamo "esseri viventi" in quanto sappiamo di dover morire. 
Ci definiamo "mortali" proprio perché viviamo.

  1878  -  "NOTTE E SONNO"  -  UN DETTAGLIO DEL DIPINTO DI EVELYN DE MORGAN.
BOTTICELLI, AMATO MAESTRO, RIVIVE IN MARY EVELYN PICKERING,
PRESENTE FIN NEI MINIMI PARTICOLARI DEI SUOI LAVORI...


La sofferenza è un sentimento di grande intensità e di grande potenza.
E' "pathos", è trasporto, è drammaticità, è "passione".
Solo attraversando il dolore possiamo riuscire a capire nel profondo gli eventi e a trasformarli in esperienze.
E' dall'afflizione che emerge l'anima.
La vicinanza con la pena e con la morte ci porta la conoscenza dei misteri dell'essere.
Il lutto, la tristezza, il dispiacere, la mancanza, la nostalgia, la malinconia... il trauma, il travaglio, la sofferenza, il dolore, la malattia, la morte, sono presi in considerazione, troppo spesso, solo per il loro aspetto negativo... brutti momenti, calamità, disgrazie dalle quali uscire al più presto, cercando una veloce soluzione.
Andrebbero, invece, considerati anche i preziosi aspetti formativi legati a queste realtà, aspetti che conferiscono profondità e spessore alla vita.
Ogni dolore ci fornisce l'occasione per una trasformazione, per un rinnovamento, perché ogni sofferenza amplifica, ingigantisce, provoca l'espansione e la contrazione della nostra psiche, del nostro corpo e della nostra anima e da ogni malattia, anche dalla più crudele, può uscire un "maestro spirituale" capace di condurci, lungo sentieri inesplorati, a vivere una nuova vita.
La malattia nasce da un movimento dell'anima, da una sua necessità.
Ha un suo senso profondo al quale non dobbiamo rinunciare.
Da problema, quale è comunemente considerato, potrebbe diventare risorsa.

1878  -  "NOTTE E SONNO" 
ALTRO DETTAGLIO DEL DIPINTO DI EVELYN DE MORGAN.
NELLA "NOTTE" CHE TRASCINA IL "SONNO", RIVEDIAMO "ZEFIRO" E "CLORI"
DELLA "NASCITA DI VENERE" DI SANDRO BOTTICELLI...


Allontanare scortesemente la nostra ombra, rinchiudere subito in una stanza tutto quello che la tradizione ci ha indicato come "negativo" (disordine, disequilibrio, malattia, dolore) è  sbagliato.
La vita è un sentimento unitario di commistione fra bene e male, fra positivo e negativo...
L'uomo ha bisogno di confrontarsi anche con la paura e persino - sembrerà strano -  con il dolo, con il reato, con l'artifizio, con il raggiro, con la frode, con l'inganno... con le anormalità, con le deviazioni, con la follia, con il maleficio, con la violenza, con i delitti, con i massacri, con le stragi...

"L'ANGELO DELLA MORTE"  -  DETTAGLIO  -  1880
DIPINTO DI EVELYN DE MORGAN



Molti genitori tendono a nascondere ai figli situazioni che potrebbero incutere paura o provocare sofferenza: la morte del nonno, quella del cane, del gatto, del canarino... la malattia incurabile dello zio, il suo ricovero in ospedale... la depressione della zia, il suo isolamento...
Alcuni, pensando di far bene, rendono addirittura le fiabe meno "terribili"... e, prima di leggerle ai figli o ai nipoti, le ripuliscono dal male, dalla rabbia, dall'odio, dalla cattiveria, dalla crudeltà, dalla sofferenza, dal dolore, dalla morte...
E' uno sbaglio!
I bambini vanno condotti per mano il più presto possibile attraverso le situazioni "ingestibili", attraverso quelle circostanze "ad alto rischio" che nessuno ama affrontare...
Vanno accompagnati a guardare con attenzione le realtà che incutono paura...
Devono poter toccare la mano del nonno morto, accarezzare le piume dell'uccellino senza vita, dire "arrivederci" allo zio che si ritirerà, entro breve termine, in un'altra dimensione...
In caso contrario, la loro paura non saprà dove attaccarsi e diventerà ancora più grande.

"L'ANGELO DELLA MORTE"  -  1880  -  DIPINTO DI EVELYN DE MORGAN
LA DONNA, IN TERRA ARIDA DI PATIMENTO, 
E' ANCORA UN POCO INCERTA SUL PASSAGGIO,
MA NON HA PAURA DELL'ANGELO DELLA MORTE,
AI PIEDI DEL QUALE SBOCCIANO FIORI PRIMAVERILI...


Quando cerchiamo di allontanare da noi stessi un dolore, di reprimerlo, di dimenticarlo, di soffocarlo, di rimuoverlo, di negarlo, esso non si dissolve, non si scioglie, non evapora, non sparisce, non si annulla...
Diventa, al contrario,  più forte e più potente, nascosto nei luoghi reconditi del nostro inconscio.
Il tempo lo farà, poi, riaffiorare in un sol colpo, riconsegnandolo a noi che pensavamo di averlo già dimenticato...
Ci ritornerà indietro ingigantito.
L'unico modo per liberarci dall'afflizione è quello di elaborarla, di accoglierla, di riconoscerla, di guardarla diritta negli occhi, di accettarla, di integrarla, di farla nostra, di darle un posto nel cuore.
Solo quando avremo fatto pace con le nostre parti d'ombra, solo quando avremo espresso il nostro dispiacere per averle rifiutate o rimosse e avremo riconosciuto un reciproco amore fra "bene" e "male", fra "buono" e "cattivo", fra "vittima" e "colpevole", saremo liberi.
"ANGELO CON  SERPENTE"
DIPINTO DI EVELYN DE MORGAN
(LONDRA, 30 AGOSTO 1855  -  LONDRA, 2 MAGGIO 1919)



Quando ci si imbatte in una difficoltà, in un problema, quando si ha a che fare con un dolore, con una malattia è bene, dunque, ricordarsi che solo il confronto e l'accoglienza sono liberatori.
Mettere da parte, prendere scorciatoie, uscire velocemente, correre via più presto possibile, non pone fine alla sofferenza.
Quando luce ed ombra, vita e morte, aggressore ed aggredito, giudice ed escluso, rimangono divisi e contrapposti l'un l'altro, ognuno arroccato sulle sue posizioni, senza dialettica di confronto, il movimento dell'anima alla ricerca del suo equilibrio rimane interrotto e la persona imprigionata nel suo problema.
Anche il "male" ha una sua ragion d'essere e il fatto che, a volte, il suo senso ci sfugga non toglie nulla alla sua "grandezza".
La nostra morale che giudica e condanna tutti gli aspetti nei quali non vogliamo riconoscerci è troppo ristretta nei confronti della vita.
La vita è e sarà sempre superiore a quello che noi pensiamo di lei.
A noi non resta che riconoscere ciò che è.

"FLORA"   -   DETTAGLIO DI UN MERAVIGLIOSO DIPINTO DI EVELYN DE MORGAN,
NEL QUALE RIVIVE LA "PRIMAVERA" DEL NOSTRO GRANDISSIMO BOTTICELLI.

NIPOTE DEL PITTORE PRERAFFAELLITA JOHN RODDAM SPENCER STANHOPE,
MARY EVELYN PICKERING SI DEDICO', FIN DALL'ADOLESCENZA, ALL'ARTE, 
NONOSTANTE IL PARERE CONTRARIO DEI GENITORI.

"L'ARTE E' ETERNA, MA LA VITA E' BREVE..."
"ORA VI PORRO' RIMEDIO! NON HO UN SOLO MOMENTO DA PERDERE!"
ANNOTO' SUL SUO DIARIO LA MATTINA DEL SUO DICIASSETTESIMO COMPLEANNO.

APPASSIONATA DI RINASCIMENTO ITALIANO,
IN MODO PARTICOLARE DEL BOTTICELLI,
SOGGIORNO' PER LUNGHI PERIODI A BELLOSGUARDO DI FIRENZE,
DOVE LO ZIO POSSEDEVA UNA VILLA.

DOPO IL MATRIMONIO CON WILLIAM DE MORGAN, 
CERAMISTA E SCRITTORE DI NOVELLE,
NONCHE' FIGLIO DELLA SCRITTRICE SOPHIA DE MORGAN,
LA SPIRITUALITA', GIA' COSI' VIVA IN EVELYN,  SI ACCENTUO'
E, NEI SUOI DIPINTI, SI FECE STRADA IL TEMA DELLA VITA DOPO LA MORTE,
MORTE CHE, PER LEI, NON E' MAI UN QUALCOSA DEL QUALE AVERE PAURA,
MA UN DONO DA ACCOGLIERE PER RIUSCIRE AD ABBANDONARE NELLA PACE
L'INVOLUCRO CHE CI TIENE COLLEGATI ALLA TERRA
E AD ENTRARE CON LEGGEREZZA E SPERANZA NEL REGNO DEGLI SPIRITI.



venerdì 11 dicembre 2015

OTTAVA SEDUTA DI DIGITOPRESSIONE



DECIMO SCRITTO SUL TEMA

IL CORPO E' UN IMMENSO SPECCHIO DELLA NOSTRA MEMORIA 




AL CAPEZZALE DI MIO PADRE

VENT'ANNI FA MORIVA MIO PADRE :
UNA MORTE CHE IO NON HO MAI DEL TUTTO ACCETTATO...


IL LUTTO DEVE ESSERE VISSUTO FINO IN FONDO SE LO SI VUOLE SUPERARE.
IL DOLORE E LA PAURA VANNO "ATTRAVERSATI" IMMEDIATAMENTE.
IN CASO CONTRARIO, QUESTI SENTIMENTI, A POCO A POCO, DIVENTERANNO, SEMPRE PIU' GRANDI E NOI NON CI RENDEREMO NEPPURE CONTO DEL PERCHE'.
IN TERAPIA SI GUIDANO LE PERSONE, ANCORA UNA VOLTA, AL LETTO DI MORTE DEL LORO AMATO E SI PERMETTE LORO DI SDRAIARSI ACCANTO A LUI PER UN COMMIATO.
QUANDO, POI, CI SI RIALZA, SI SCOPRE, NON SENZA STUPORE, CHE IL NOSTRO MALESSERE E' PRESSOCHE' SCOMPARSO E CHE E' POSSIBILE AFFRONTARE NUOVAMENTE IL FUTURO.



RIELABORAZIONE SOGGETTIVA DELL'OTTAVA SEDUTA DI DIGITOPRESSIONE SUI PUNTI DELL'AGOPUNTURA SCATURITA SPONTANEAMENTE A QUALCHE GIORNO DI DISTANZA DAL TRATTAMENTO RICEVUTO.
FISIOTERAPISTA DI RIFERIMENTO : 
FABRIZIO CENTONZE



"... e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni..."
Ugo Foscolo - "Alla sera" - vv 5-6

MIO PADRE, DOMENICO GIULIO, A VENTISETTE ANNI DI ETA', 
IN UNA FOTOGRAFIA SCATTATA IL 31 DI DICEMBRE DEL 1940,
GIORNO DELLA SUA NOMINA A TENENTE PILOTA 
DELLA REGIA AERONAUTICA MILITARE ITALIANA.
NEL 1947, TERMINATA LA SECONDA GUERRA MONDIALE, 
OTTERRA' LA MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITARE.







L'ottava seduta di digitopressione sui punti dell'agopuntura, abbinata a specifiche, efficacissime tecniche di comunicazione verbale sul modello "ercksoniano", mi ha portato immagini e sentimenti che mi hanno toccato e curato l'anima.
E' stata una seduta carica, intensa, vissuta, coinvolgente... emozionante, commovente... così ricca di significato, per me, nella sua drammaticità.
E' stata dolore e guarigione, "irretimento" e liberazione, morte e rinascita..
E' stata raccoglimento, abbandono, nostalgia, pianto e consolazione... radicamento, appartenenza, fedeltà, umiltà e dedizione..
E' stata sintonia e sovrapposizione...
Un ritrovarsi, un riconciliarsi ed un "doversi subito dire addio"...
Un accettare, un accordarsi, un prendere ed un lasciare.
E' stata rito, "liturgia", preghiera... richiesta, invocazione, supplica...
Il presente mi ha riportato al passato e, dal passato, ho dovuto fare ritorno al presente.
Dall'alba ho camminato fin all'imbrunire e, dall'imbrunire, fino ad una nuova alba.
Il tutto mi ha nuovamente confermato il legame alla famiglia di origine come fonte di libertà, non viceversa...

DAL LIBRETTO PERSONALE DI VOLO DI MIO PADRE DOMENICO, A QUEL TEMPO
ALLIEVO UFFICIALE PILOTA DELLA REGIA AERONAUTICA MILITARE ITALIANA,
FRESCO DI AMMISSIONE ALLA SCUOLA DI TURISMO AEREO DI FOLIGNO 

E A QUELLA DI PILOTAGGIO DI MALPENSA 
CON DATA  8 GIUGNO 1936.
SARA' NOMINATO SOTTOTENENTE IL 30 DI APRILE DEL 1937
E  PILOTA MILITARE IL 20 DI MAGGIO DELLO STESSO ANNO.





Il mio fisioterapista, inseguendo un sottile presentimento, calmo ed attento, silenzioso e cauto, ma anche fermo, sicuro e determinato, mi ha guidato, non senza fascino e grazia ed in una sfera di esperienza del tutto tipica dell'anima, all'indietro nel tempo di vent'anni, fino al letto di morte di mio padre, a rivivere, nei giorni dell'anniversario, quel lutto mai del tutto superato, ad evocare e a salutare la figura di appartenenza a me più cara, quella che più ho amato, quella che ho goduto così poco, quella che non è mai stata del tutto mia...
"Ti sei voluto ritirare talmente in fretta... che io non ho fatto in tempo a dirti... arrivederci..."
"Mi sei mancato così tanto che, in ogni uomo che incontro, cerco qualcosa di te..."
"Ho pianto per tre giorni e per tre notti quando ti ho perso..." dicevo tra le lacrime, mentre inspiravo ed espiravo ad occhi chiusi, sdraiata nella penombra della stanza, in un'atmosfera sognante fatta di tenerissima, struggente malinconia.
"Non potrò mai dimenticare quelle fredde giornate di fine novembre... 
Ti hanno portato all'ospedale... 
Una banale caduta.. di sera.. al buio.. sulle scale che portano alla cantina...
Cercavi un attrezzo che ti potesse essere d'aiuto per un qualche tuo lavoro... 
Non accendevi mai le luci nella notte...
Sembrava tutto così banale al momento...
Qualche costola rotta.. niente di preoccupante...
Non ti ho più potuto parlare...
Non ti ho più potuto salutare...
Non ho potuto chiarire, ringraziare, onorare...
Non ho fatto in tempo ad adempiere al mio compito, quello che ogni figlia ha nei confronti di suo padre morente... 
E' stato tutto così improvviso...
E' rimasto tutto così "in sospeso"...
L'evento... talmente inatteso, assurdo, inspiegato, nebuloso che, da allora, io, non ho più potuto concedere a me stessa il permesso di vivere sana e felice...
Non so cosa darei per poterti avere, di nuovo, qui con me, anche per un solo giorno..."

MIO PADRE DOMENICO, VENTIDUE ANNI DI ETA', NEL LONTANO 1936,
ALLIEVO UFFICIALE PILOTA DELLA REGIA AERONAUTICA MILITARE ITALIANA




"Ti ho sempre guardato con amore e, da quel triste momento, l'ho fatto ancora di più... 
Ti ho rappresentato e ti sono stata fedele, totalmente... ma, in questa fedeltà, ho rinunciato alla mia vita..."
"Porto la tua inquietudine, papà... la tua sofferenza, il tuo dolore... ma chi è più piccolo non può portare i pesi di chi è più grande..."
"Ti prego, fa' che, a me e ai miei fratelli, possa arrivare la tua benedizione!"

MIO PADRE DOMENICO, ALL'ETA' DI VENTIDUE ANNI,
IN UNA FOTOGRAFIA DATATA 28 SETTEMBRE 1936




"Ricordo i tuoi silenzi, le tue preoccupazioni, i tuoi turbamenti... la tua ansia, la tua agitazione..."
"Ricordo quando, tempestoso, ti impensierivi, ti crucciavi, ti spazientivi, ti adiravi, ti angustiavi...
Allora i tuoi meravigliosi occhi cambiavano di colore, come cambia il cielo quando è agitato da una tempesta, il lago quando è mosso da una burrasca, l'aria da forti precipitazioni, da una bufera di vento, da una tormenta di neve o da un'improvvisa, imprevista grandinata...
Dall'azzurro viravano improvvisamente verso il grigio ed il piombo, con sfumature malinconiche, sporche, spente...
Tu, instancabile uccello delle tempeste... tu, aereo che si librava felice nelle correnti delle turbolenze... catapultato, di colpo, negli uragani della guerra, dell'impeto, della furia omicida, dei bombardamenti, delle esplosioni, delle fiamme, delle urla, dei rumori, degli inseguimenti, dei colpi... e dei contraccolpi..."
"Non c'è giorno nel quale la mia anima non si sovrapponga, almeno per qualche istante, alla tua..."
"Ti prego... guardami con benevolenza mentre mi rialzo, mi allontano da te e ritorno alla vita. Ancora per un poco..."

DOMENICO GIULIO SEGALA, MIO PADRE, NEL 1936, 
GIOVANE ALLIEVO UFFICIALE PILOTA.
PRENDERA' PRESTO PARTE ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE
NELLA DUECENTOSESSANTUNESIMA SQUADRIGLIA DI BOMBARDAMENTO...



Impossibile descrivere un simile "sentire" se non se ne fa esperienza... 
Il mio corpo era completamente adagiato dentro quello più grande di mio padre, totalmente "irretito" nel suo e la mia anima intimamente identificata con la sua, in un abbraccio carico d'amore.
A partire dalle mani e dai piedi, dalle braccia e dalle gambe, iniziavo, a poco a poco, a raffreddarmi, ma non c'era paura alcuna.
Inspiravo lentamente, con leggerezza, come se stessi nutrendo il mio spirito.
E mi sentivo stranamente in pace e pacatamente ottimista nei confronti di me stessa e nei confronti del mondo che mi circondava... remissiva, ben disposta, indulgente, riconciliata, in sintonia con il mio destino.

DOMENICO NEL 1936.
PILOTA DI VELIVOLI PLURIMOTORI, PARTECIPERA', 
NEL CORSO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE,
AD AZIONI DI BOMBARDAMENTO, DIURNE E NOTTURNE, 
SU BASI NAVALI NEMICHE DI TUTTO IL MEDITERRANEO.
NELLA MOTIVAZIONE  ALLEGATA 
ALLA MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITARE
E' RICORDATO ANCHE PER LE PREZIOSE MISSIONI DI AVIORIFORNIMENTO 
ALLE TRUPPE NAZIONALI ED ALLE TRUPPE PARTIGIANE.



"Onora il padre! 
Sii umile nei suoi confronti!
Non combatterlo! 
Prendilo così come lui è! 
Portagli rispetto! 
Fa' che abbia sempre la precedenza! 
Inchinati davanti a lui!
Chiedi la sua benedizione!
Esprimi gratitudine per il dono della vita che hai ricevuto attraverso di lui!"
Parole insolite, antiche e desuete che, nel corso della meditazione, riaffiorano alla memoria, si fanno avanti prepotentemente e diventano, d'improvviso, così ricche di significato...
E' il linguaggio vittorioso, semplice ed incisivo del cuore, quello che ci appartiene da sempre e che noi, spesso, rifiutiamo... molto più potente rispetto al linguaggio razionalistico, che usa vocaboli troppo freddi, troppo scialbi, troppo sterili... vocaboli incapaci di portare un'anima alla guarigione.

DOMENICO NEL 1936


Ci siamo lasciati, io e mio padre, sull'immagine del nostro amatissimo lago, immagine che abbiamo entrambi nel cuore da sempre e che ci ha sempre collegato l'una all'altro... antico specchio d'argento dal fascino indiscusso ed, ora, invisibile, liquido nastro azzurro teso tra me e lui. 
Acqua limpida e calma per noi due, irresistibile invito ad immergervisi per scoprirne la parte nascosta, il lato ombra...
Cielo autunnale dai mille, caldissimi colori riflessi, a specchio, sulla superficie, ormai fredda, dell'acqua.
Rosa, aranciato, giallo... poi, ancora, azzurro, grigio, bianco... e, di nuovo, qualche tocco di rosso, di indaco, di violetto...
Alba e tramonto insieme.
Brillanti chiazze di luce colorata e spente e opache macchie d'ombra.

MIO PADRE, A VENTISETTE ANNI DI ETA', IN UNA FOTOGRAFIA DATATA 1940,
TENENTE PILOTA DELLA REGIA AERONAUTICA ITALIANA.
OTTERRA' LA NOMINA A CAPITANO PILOTA,
CON DIRITTO DI COMANDO DI UNA SQUADRIGLIA DI AEREI.


Rimango focalizzata sull'immagine del lago... a lungo... come fosse un messaggio d'amore...
Cerco di fotografarla con gli occhi e di conservarla nel cuore...
Associo l'alba alla mia infanzia e all'infanzia di mio padre... ma anche ad un nuovo inizio e a nuove, rinnovate energie.
Associo l'imbrunire all'abbandono, all'addio, alla dipartita... all'ansia, al timore, alla tristezza... all'incerta, angosciante aspettativa che noi tutti abbiamo verso quello sconosciuto periodo finale della nostra vita che altro non è che trasformazione, passaggio, ciclicità, viaggio senza fine, eternità, infinito esistere...

GROTON - CONNECTICUT - U.S.A. - ANNO SCOLASTICO 1919-1920
MIO PADRE, DOMENICO GIULIO, BIMBO DI  SEI ANNI,
SUI BANCHI DI SCUOLA DELLA PRIMA CLASSE ELEMENTARE
NELL'EST DEGLI STATI UNITI D'AMERICA.

NATO, AL DI LA' DELL'OCEANO ATLANTICO,
DA GENITORI ITALIANI EMIGRATI  IN QUELLE TERRE
ALLA RICERCA DI UN LAVORO,
DOMINIC HA TRASCORSO LA SUA INFANZIA IN AMERICA
PRIMA DI FARE "RITORNO" NELLA TERRA D'ORIGINE DEI SUOI AVI, L'ITALIA.




UN GRAZIE DAL CUORE AL MIO FISIOTERAPISTA, FABRIZIO CENTONZE, CHE HA SAPUTO GUARDARE, INSIEME A ME, LA MORTE DI MIO PADRE, PER RIACCOMPAGNARMI, RINFRANCATA, ALLA VITA... A FABRIZIO CHE, SOLLECITANDOMI, MI HA DETTO: "PARLAGLI...! PARLA A TUO PADRE...! FA' COME SE LUI FOSSE QUI...!"  E ANCORA: "FOCALIZZATI SULL'IMMAGINE DEL LAGO...! NON PERDERLA...!  PORTALA CON TE...!"
VISUALIZZARE TALI SITUAZIONI, ENTRARCI DENTRO E RIVIVERLE, COMPORTA SEMPRE IL RISCHIO DI VENIRE TRAVOLTI DALL'EMOZIONE ED ATTIRATI ALL'INTERNO DI QUELLE STESSE SITUAZIONI... 
PER QUESTO MOTIVO E' ASSOLUTAMENTE NECESSARIA LA PRESENZA DI UNA GUIDA CHE FUNGA DA PROTEZIONE E CHE CI PERMETTA UN PIACEVOLE RITORNO ALLA VITA, SENZA CONTARE, TRA L'ALTRO, CHE LA FORZA DI UNA SINGOLA PERSONA NON POTRA' MAI EGUAGLIARE LA SINERGICA POTENZA DI UN COLLABORATIVO, SIMULTANEO LAVORO DI COPPIA.



MIO PADRE, 38 ANNI DI ETA', NEL GIORNO DEL SUO MATRIMONIO 
CELEBRATO NELLA CHIESA PARROCCHIALE DI LIMONE SUL GARDA 
IL 29 DI SETTEMBRE DEL 1951.
L'ANNO SUCCESSIVO, NELLO STESSO MESE,
SAREI NATA IO, FIGLIA PRIMOGENITA...